ORANGE IS THE NEW BLACK III stagione

Non so se ve l’abbia mai detto, scritto (è più appropriato), ma oltre ad essere una lettrice accanita amo alla follia dedicare un po’ del mio tempo a telefilm, serie tv e film di qualsiasi genere. Per cui ho avuto la “brillante” idea di tediarvi pure con questa mia passione. Non so cosa ne verrà fuori, non so se ci sarà un metodo che adotterò per parlare di una serie, non so per quanto questo programma possa continuare ma so che voglio iniziare adesso.

La serie di cui vi voglio parlare oggi è Orange is the New Black. Eviterò di fornirvi caratteristiche tecniche, potrei risultare poco professionale (ed effettivamente non lo sono perché in materia so ben poco) ma non vorrei annoiarvi ulteriormente con dati ed informazioni che probabilmente salterete a piè pari.

Visto che è il primo articolo su questa serie vi parlo brevemente di questa serie prima di addentrarmi nei dettagli. Per chi non lo sapesse Orange (sì, lo chiamo così) è ambientato in una prigione femminile, Litchfield, in cui la narrazione presente si alterna alla narrazione passata con flashback sulla vita delle detenute su cui, solitamente, ogni episodio si concentra. Le detenute in questione provengono da ogni dove, le etnie sono molte differenti, fatto più che normale nel contesto americano; abbiamo donne bianche, nere, asiatiche, messicane, spagnole, americane… insomma, c’è davvero di tutto. Come accennato prima, una caratteristica fondamentale di questa serie tv è il fatto che ogni episodio (o quasi) si concentra sulla storia di una detenuta, collegando i fatti presenti quindi collegando quello che le sta accadendo in carcere, con la sua storia passata di bambina o di adolescente o di ragazza/donna. Quello che spesso mi ha colpito è che molte di queste donne si trovano in carcere per reati minori, a volte veramente “così minori” che non pensavo nemmeno si potesse andare in carcere (in America) per motivi del genere; oppure si trovano in detenzione per legittima difesa (ma la cosa è passata per semplice omocidio) o per aver difeso il vero colpevole e altre situazioni più o meno bizzarre. Spesso mi dimentico che quello sia un carcere perché in queste 4 stagioni mi sono trovata ad empatizzare così tanto con loro (e io non empatizzo praticamente MAI con il sesso femminile, non so che problemi abbia) che le vedo come delle amiche con cui andrei volentieri a prendere un caffè!

Ora come ora sto guardando la IV stagione e quindi la mia idea era di parlarvi della stagione appena conclusa, la III. La III stagione l’ho ripresa dopo un anno dal termine della II non so nemmeno io perché, fatto sta che all’inizio ho fatto un po’ di fatica ad ingranare, le puntate non mi entusiasmavano o perlomeno lo facevano solo in alcuni punti ma a tratti ero un po’ annoiata. Questo, fotunatamente, è comunque durato poco, il tempo di un paio di puntate, tre al massimo. Rispetto alla prima stagione, in cui la protagonista principale era Chapman, ormai tutte sono un po’ protagoniste, ad ognuno di loro viene dedicata una puntata e ne sono molto felice visto che di alcune si sa molto poco, mi viene in mente come esempio Chang. Se l’inizio, dal mio punto di vista, è andato un po’ a rilento, il finale ha fatto il botto. Le detenute hanno avuto l’occasione, grazie a degli operai abbastanza ingenui (per non dire di peggio) e delle guardie pressoché assenti e dove presenti, inutili, (ma meglio così), stavo dicendo, hanno avuto l’occasione di “scappare” dal carcere. Fuori dal carcere si trova infatti un boschetto e un lago dove, dopo molti anni, le detenute hanno finalmente potuto godersi un po’ di sabbia tra i piedi e un po’ d’acqua fresca in perfetto stile pic-nic al lago di domenica. Non so perché ma quella scena, quei momenti, per me sono stati molto emozionanti; come loro mi sono sentita per un momento libera, libera di uscire dalle 4 mura e libera di respirare a pieni polmoni. Ero veramente felice della possibilità che hanno avuto, e sì, soprattutto in questo momento mi sono dimenticata del fatto che sono delle detenute e ho semplicemente pensato loro come a delle donne, delle madre, delle figlie, delle nonne. Ho comunque virgolettato scappare perché in realtà nessuno di loro ci prova realmente, alla fin fine, in linea di massima sono ben felici di tornare in carcere, dove anche Occhipazzi la vede lunga: hanno colazione, pranzo e cena, hanno un letto, un tetto, una doccia, insomma, hanno più o meno la loro casa con quella che ormai è la loro famiglia (o almeno una parte di essa visto).

Ho iniziato ieri la IV stagione e ho deciso di appuntarmi cosa ne penso ad ogni episodio per potervi eventualmente fornire delle informazioni più dettagliate sulle mie impressioni al termine della suddetta.

Mi scuso se l’articolo non segue un ordine, se non è informativo a livello tecnico e né troppo informativo a livello “personale” ma ho scritto a braccio, buttando su “carta” tutto quello che mi passava per la testa. Mi rendo conto che ho parlato più di Orange a livello generale che non a livello di III stagione e mi scuso pure per questo, sono una frana, lo so.

Fatemi sapere se l’articolo vi è piaciuto e soprattutto se l’idea di parlarvi delle serie tv che seguo vi può interessare. Sono un’insicura cronica e ho veramente SEMPRE bisogno di un consenso, di un appoggio, di un sostegno da parte vostra. Ho sempre paura di deludere chi mi legge, ho paura che il mio modo di scrivere faccia pena, ho paura di scrivere cose poco interessanti quindi, seriamente, se non volete avere un peso sulla coscienza fatemi sapere qualcosa! Sto divagando come sempre quindi meglio arrivare ai saluti!

A presto lettori,

erigibbi

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